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Tutti abbiamo sangue rosso: Storie di eroi feriti che hanno attraversato il mare

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Raccontaci una storia, mio ospite inatteso,
di quell’eroe ferito, del suo destin sospeso.
Nel deserto della vita quanta vita seppellita…
Sfidare quindi il mare in barche di sardine
e questo naufragare non t’è dolce.

 

Incredibile e sospesa la tarda mattinata di Venerdì 25 Maggio per gli studenti di quarta e quinta dell’Istituto “Giovanni Falcone” di Asola, impegnati nelle giornate commemorative promosse dalla scuola in ricordo del magistrato di cui l’Istituto porta il nome.

Per celebrare gli alti valori e l’integrità che sempre hanno caratterizzato l’agire di Falcone, un uomo che spese tutta la propria vita in difesa della legalità e contro ogni forma di prevaricazione, venerdì gli studenti hanno assistito alla drammatizzazione autobiografica Tutti abbiamo sangue rosso. La rappresentazione, promossa dall’Associazione Kemay della Caritas di Brescia, è stata ideata e interpretata nel corso di un laboratorio teatrale da alcuni richiedenti asilo che con i loro racconti ci chiamano a conoscere una storia, fatta di soprusi e illegalità, fin troppo sentita, ma questa volta da una prospettiva diversa.

Sono, infatti, le voci vere di tredici eroi feriti, marinai senza sapere di navigazione, quelle che timidamente si sono alternate sul palco e con lingue e accenti differenti ci hanno lasciato entrare nelle pieghe delle loro storie, conducendoci lungo un viaggio iniziato in un’Africa dai nomi esotici, per attraversare tutto il sale di quel Mediterraneo, mare di speranza e di condanna, che ancora incrosta i loro sguardi. Sguardi giovani, quasi tutti solo poco più che ventenni. Sguardi che hanno visto l’indicibile lungo le tappe di un peregrinare che è passato anche attraverso le prigioni libiche. Di quel luogo restano i suoni strazianti delle percosse che riecheggiano sul palco tra preghiere e minacce selvagge, mentre il pubblico impietrito è trasportato oltre ogni finzione scenica. Ci si chiede, nel silenzio di una sala sospesa, come questi ragazzi abbiano potuto sostenere tanta sofferenza e conoscere tali umiliazioni.

 

Ma non si lascia spazio al pietismo, perché il presente è il momento in cui sentirsi vivi e rallegrarsi intonando un inno alla vita che, alla fine, oltre ogni naufragio e ogni dolore, ha prepotentemente prevalso ed ora si libera in musica e danza.

 

Infine, davanti a trecento ragazzi quasi coetanei, ringraziano per aver ascoltato la loro storia, per aver prestato ascolto alla loro voce. Questo è importante. Questo il messaggio che lasciano agli studenti del Falcone: dare un’occasione anche all’altro di presentare il proprio punto di vista e scoprire così che siamo tutti soltanto uomini e donne con il medesimo sangue rosso e dal cui reciproco incontro nel profondo può germinare vita smisurata.

 

 

Dalla Redazione di FXP